Ovvero, se il solo strumento che possedete è un martello, vedrete in ogni problema un chiodo. La leadership adattiva e il potere del coaching in azienda.

Per risolvere un problema diamo per scontato che ciascun professionista utilizzi lo strumento adatto allo scopo. E infatti anche le scuole e le università ci hanno forniti di un bagaglio di conoscenze e strumenti tecnici per affrontare il nostro lavoro.
Sulla base di questa similitudine si parla di TOOLBOX. Ovvero della cassetta degli attrezzi da mantenere aggiornata e piena degli strumenti utili per il nostro lavoro.
Spesso però compiamo un errore. L’errore di utilizzare mezzi tecnici per risolvere sfide adattive.
Sfide tecniche e sfide adattive
Per questo prima di scegliere lo strumento per risolvere il problema, è bene capire qual è il vero problema e quindi il tipo di sfida da affrontare.
Nella definizione di Ronald Heifezt, professore della Harvard University, le SFIDE TECNICHE sono quelle in cui l’insieme di competenze e abilità necessarie per avere successo sono già esistenti, anche se non ancora note, e in linea con il paradigma e il mindset presenti.
Le SFIDE ADATTIVE, invece, richiedono che le persone sviluppino un nuovo mindset, nuovi valori e nuovi modi di fare business. Hanno cioè a che vedere con la trasformazione personale e collettiva, con la messa in discussione di assunzioni e modelli mentali che sottendono la cultura esistente e vanno ricontestualizzati.
Dalle conoscenze tecniche allo sviluppo di un nuovo mindset
Ciò significa che una sfida tecnica la possiamo affrontare imparando ad utilizzare strumenti e conoscenze tecniche. Ad esempio imparare ad utilizzare il nuovo software per gestire la linea automatizzata dell’Industry 4.0 o il nuovo PLM o il CRM, o imparare a guidare l’auto o aggiustare il motore dell’auto, o ancora come ingessare il polso rotto di un paziente. Sono sfide tecniche, e i corsi professionali, quelli universitari, o i master di specializzazione, ci possono aiutare ad affrontarle.
Le sfide adattive, invece, sono sfide di cambiamento e le possiamo affrontare solo evolvendo il nostro livello di sviluppo mentale, allenando la mente a gestire una complessità nuova e approcci più sofisticati. In questo caso, conoscenze e strumenti tecnici e funzionali non ci saranno di aiuto. In questo caso l’attenzione si sposta sulla persona che deve affrontare il problema, e non resta sul problema stesso.
Questa differenza tra sfide tecniche e sfide adattive è fondamentale da riconoscere sia per le persone che per le aziende. Il problema è che le aziende continuano spesso a cercare soluzioni tecniche per affrontare sfide adattive, e questo non funziona mai.
Perchè non funziona?
Continuiamo a voler cambiare qualcosa utilizzando gli strumenti sbagliati. Ovvero cerchiamo di utilizzare gli stessi strumenti che useremo per risolvere una sfida tecnica anche per risolvere una sfida adattiva. E per questo non funzionano.
Un esempio recente l’ho vissuto con un’azienda che mi ha contattata per un percorso di coaching per i suoi responsabili commerciali. La gran parte di loro sono professionisti cresciuti internamente all’azienda, passando dal coprire funzioni di vendita alla funzione di responsabile commerciale. Il problema è che i risultati e il comportamento non sono quelli attesi. Da un lato, il responsabile dell’organizzazione mi chiede di accompagnarli a sviluppare nuove competenze adeguate al nuovo livello che ricoprono, evidenziando come il focus sia proprio sulla loro difficoltà ad affrontare in modo nuovo la situazione, a superare la mentalità del venditore per aprirsi ad una visione commerciale più ampia e strategica e a vedere il risultato in ottica sistemica, ossia di ottimizzazione aziendale e non personale. Dall’altro lato, il loro responsabile funzionale mi richiede una formazione tecnica, sulle tecniche commerciali. Ovvero di fornire strumenti tecnici per risolvere una sfida adattiva, ben inquadrata invece dal responsabile dell’organizzazione.
Formazione tecnica o sviluppo personale?
Questo spiega anche perché molte volte non otteniamo i risultati sperati con i corsi di formazione “tecnici”, relativi al saper fare delle cose e all’apprendere conoscenze tecniche. Ho imparato tecnicamente come si dovrebbe negoziare, vendere, comunicare, innovare, ecc. ma non riesco ancora a risolvere il problema.
In questo caso, abbiamo gli strumenti e la cassetta degli attrezzi piena, ma dobbiamo iniziare a lavorare su di noi.
Per questo motivo, prima di cercare di risolvere un problema o una sfida dobbiamo chiederci che sfida stiamo cercando di affrontare. Una sfida tecnica o adattiva?
Se riconosciamo che è una sfida adattiva, legata al cambiamento, allora non ci serve fare un altro corso tecnico. In tal caso, più probabilmente, dobbiamo iniziare a investire su di noi, sulla conoscenza di noi stessi e sulla nostra consapevolezza di ciò che sta dietro alla sfida da affrontare. E sull’implementare nuove azioni di cambiamento.
Questo può aiutarci a utilizzare al meglio tutti gli strumenti e le risorse a nostra disposizione, sia quelle tecniche che quelle mentali ed energetiche.
Ecco, il coaching non dà soluzioni tecniche. Non dà consigli pratici.
Il coaching aiuta le persone a lavorare sulle sfide adattive generando nuove mentalità e comportamenti.
In biologia, la pressione adattiva è la risposta positiva al cambiamento richiesto dall’ambiente che viene da possibilità e capacità dell’organismo che non solo sono quelle attuali. Significa che l’organismo deve osservare i suoi processi e distinguere ciò che ancora funziona, ciò che deve essere abbandonato, e ciò che deve essere trasformato per avere successo in un ambiente che cambia. Come ogni organismo biologico, anche le persone e le organizzazioni dovrebbero fare questa osservazione quando le condizioni ambientali cambiano o quando una strategia già utilizzata in passato oggi non funziona più.
Significa che le sfide adattive non possono essere affrontate con più formazione, più riunioni, più pressione, più conoscenza tecnica. Serve invece intraprendere un percorso di auto-osservazione, consapevolezza e sviluppo che permetta di evolvere a livello personale e collettivo, e di essere a proprio agio nell’incertezza e nell’esplorare nuovi territori.
Il coaching può essere efficace nel accompagnare le persone e i team in questo percorso evolutivo per prepararsi ad affrontare con successo il cambiamento, generando nuovi mindset e nuovi comportamenti. Come una palestra in cui ci si può allenare per adottare nuove routine più virtuose ed efficaci.
Le fasi fondamentali del percorso sono 3:
- osservare l’ambiente e il sistema da un livello “superiore”, come quando si guarda dal balcone, per cogliere con uno sguardo d’insieme che cosa sta realmente accadendo e il ruolo che le persone giocano in questo ambiente
- prendere consapevolezza dei processi mentali personali e collettivi di costruzione del significato e il legame con i comportamenti e gli schemi che, per paura e bisogno di sopravvivenza, tendiamo a reiterare e che portano a sabotare il cambiamento desiderato
- ripensare la propria interpretazione di ciò che succede, rendendoci consapevoli sia dell’aspetto razionale che emotivo e rendendoci responsabili e autonomi nelle scelte anche di ciò che accade all’esterno, per non restarne prigionieri.
E ricordare di essere pazienti perché ci vorrà tempo perché il cambiamento possa essere assorbito.
Tutto ciò significa lavorare sui propri schemi mentali e sui modelli di percezione limitanti per riconoscerli e creare nuovo spazio per nuovi comportamenti e nuove competenze più efficaci nel contesto modificato, così da affrontare con efficacia e con gli strumenti adeguati le sfide adattive cui ci troviamo difronte.
Se vuoi affrontare il cambiamento nella tua azienda e diffondere la pratica della leadership adattiva e del coaching nel tuo contesto lavorativo, ti invito a contattarmi.
Se invece vuoi approfondire l’argomento ti consiglio di leggere “La pratica della leadership adattiva” di Ronald Heifetz e Marty Linsky. Ed. Franco Angeli.
“Se il solo strumento che possedete è un martello, vedrete in ogni problema un chiodo.“ A. Maslow